Dotata di un monocilindrico tra i più brillanti dell'epoca, era una enduro tecnicamente avanzata. Una scelta potente
Dopo la poco gratificante esperienza con la serie Dakota 350-500, in Gilera si rimboccarono le maniche per cercare di cavalcare nel miglior modo possibile il fenomeno sempre più in crescita delle medie enduro (monocilindriche soprattutto) di stampo dakariano che, dalla metà degli anni ’80, iniziavano a farsi largo a suon di comfort e versatilità tra le preferenze degli appassionati.
Nel 1988 la Casa dei due anelli presentava le nuovissime XR-T 350 e 600, due modelli che davano un taglio netto alle poco apprezzate linee delle progenitrici, mettendo sul campo un design decisamente più accattivante, oltre che una tecnica che non temeva confronti con le altre “mono” dell’epoca. In più, fattore quasi d’obbligo in quegli anni, strizzavano l’occhio alle moto del deserto, per dimensioni e protettività.
La 600 in particolar modo – insieme alla rivale Aprilia Tuareg 600 Wind – rappresentava la punta di diamante della produzione enduro in Italia. Un modello che andava a scontrarsi con le varie Honda XL/R, Yamaha XT, Suzuki DR e Kawasaki KLR. Un compito mica da ridere, visto che le “Jap” furoreggiavano sul mercato. Ma dalle parti di Arcore di timori ce n’erano pochi quando si trattava di sfide.
La XR-T aveva tanta sostanza, seminascosta da quelle forme squadrate e del tutto personali ad opera dello studio Marabese dove, a recitare un ruolo attivo nella definizione del design, fu un giovanissimo Rodolfo Frascoli. Elemento distintivo era, tra gli altri, il “becco” anteriore, al periodo visto già sulla Suzuki DR Big, antesignana di questa soluzione estetica.
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Il suo motore monocilindrico era indubbiamente un esempio di tecnologia che non temeva confronti. Era il risultato di una sovralesatura dell’unità montata sulla Dakota: arrivava a 99 mm di alesaggio ed era accreditato di una potenza di 39,1 CV a 7.100 giri/min (dato rilevato al banco); inoltre vantava una testata a 4 valvole, azionate da un doppio albero a camme comandato da una cinghia dentata.
Per l’alimentazione la scelta ricadde su una inedita coppia di carburatori Dellorto con diffusore di 25 mm, uno dei quali dotato di pompa di accelerazione. Sul fronte ciclistico, la parte del leone la recitava il pregiato telaio monoculla in tubi quadri, rinforzato nei punti critici con parti in lamiera scatolata. Una struttura che ben si abbinava al bel forcellone con bracci a sezione variabile, che lavorava con un mono collegato da articolazione progressiva con schema Power Drive. Paioli, di 41 mm Ø, era la forcella a perno avanzato.
Alla guida, la XR-T 600 era una moto che sapeva farsi rispettare. Protagonista, oltre che il bell’equilibrio ciclistico, anche un motore che spiccava per doti di esuberanza ai bassi e medi regimi. Nonostante i centimetri cubi fossero “solo” 569, il mono Gilera sapeva come farsi apprezzare per le brillanti prestazioni con risposte sempre pronte all’apertura del gas e con un livello di vibrazioni tutto sommato contenuto; questo era merito anche del contralbero posizionato dietro alla base del cilindro. Buona la rapportatura, che garantiva al motore la possibilità di ben distendersi e portare la XR-T oltre la soglia dei 160 km/h rilevati (di poco sotto i 165 km/h dichiarati dalla Casa).
In generale, ancora oggi, la Gilera XR-T sarebbe una di quelle moto capaci di distinguersi come una all-rounder adatta ad ogni condizione. La sua ciclistica è in grado di rimediare ad ogni situazione potenzialmente critica, sia su asfalto che nelle divagazioni in off-road; il setting delle sospensioni, in combinazione con una indovinata triangolazione di seduta, ragala un discreto comfort anche sulle lunghe distanze. Insomma, sarebbe perfetta per l’adventouring, a patto di trovarne una messa bene.
Nonostante l’elevata qualità del progetto, il “boom” delle mono giapponesi al periodo, non favorì grossi volumi di vendita per la XR-T 600 che, pur senza colpe, nel 1989 venne sostituita nel catalogo Gilera dalla più sportiva RC 600. Questo, ad oggi, si rivela un limite importante nella ricerca di esemplari, soprattutto quelli in buone condizioni di marcia. Qualora si riuscisse a trovarne una ben conservata, le cifre richieste, in questo caso, possono oscillare tra i 3.000 ai 4.000 euro a fronte di un prezzo al periodo di 7.425.000 lire.
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