Suzuki lascia la MotoGP: che succede ad Hamamatsu?

La notizia lascia perplessi. Peserebbero sulla scelta: crisi internazionale, Pandemia, ma è lecito anche porsi qualche domanda sulle recenti mosse fatte dal marchio giapponese

William ToscaniWilliam Toscani

3 mag 2022 (Aggiornato alle 17:01)

Fulmine a ciel sereno. La notizia che è piombata ieri (2 maggio), lanciata dai colleghi di Motorsport.com, riguardo l'uscita di scena di Suzuki dalla MotoGP (in attesa di un comunicato ufficiale) è di quelle che lasciano tanta tristezza nel cuore. Una protagonista come la Casa giapponese, vincitrice del titolo della top class appena due stagioni fa, che getta la spungna non può che far discutere oltre che lasciare sgomenti.

E' da dire che dalle parti di Hamamatsu non si è nuovi a clamorosi addii  dalla classe regina, ma stavolta più che di una pausa tecnica (come quella dell'era 2T tra il 1985-88 e tra fine 2011 e 2015 servita anche per il passaggio dal V4 al 4 in linea in MotoGP) la scelta sembra essere - ahinoi- figlia di una crisi internazionale che sta coinvolgendo più settori. Non solo quello moto. E le cause, dalla pandemia alle tensioni internazionali, passando dalle conseguenti crisi di materie prime, semiconduttori, energetica, sono di quelle che possono legittimamente incidere su determinate scelte.

Ma ci sarebbe anche da fare mea culpa

Quello che però è da sottolineare è come a preoccupare è forse quel che accadrà nel medio termine da qui in avanti. E questo è dovuto principalmente alle prospettive di una situazione economica al momento nebulosa in tutti i comparti, e che ovviamente coinvolge la capacità delle varie voci di spesa, compresa quella degli utenti.

Focalizzandoci sul settore moto, quel che fa riflettere è il poco supporto che arriva dalla competitività che alcuni prodotti, lanciati negli ultimi anni, mostrano nei confronti della concorrenza: il marchio Suzuki fa fatica sul mercato, e l'assenza di modelli dalla top 30 è un chiaro esempio di come - evidentemente - qualcosa non giri nel verso giusto. Negli ultimi anni proposte come la Katana, la V-Strom 1050 XT (la 650 ancora riesce a ben difendersi) o le ultime GSX-S 1000 non sono riuscite a tenere il passo di una meglio attrezzata concorrenza.

MOTO CARICHE DI FASCINO, LE SUZUKI

Parliamo di una Casa coraggiosa in passato, che ha abituato il suo fan a veri must come le passate Gamma 2T e le serie GSX-R, o mezzi facili e di successo come la inossidabile SV 650, la bestiale Hayabusa, o (guardando al segmento scooter) commuter come la prima serie Burgman; parliamo della Casa che nelle corse annovera titoli con piloti come Kevin Schwantz, Barry Sheene, lo spagnolo Joan Mir (con il primo alloro in MotoGP) o i nostri Marco Lucchinelli e Franco Uncini. E che proprio quest'anno mostrava una GSX-RR in grande spolvero in quanto a prestazioni, e che ha ingaggiato un manager di lungo corso come Livio Suppo. L'ultima sportiva di serie, la GSX-R 1000 R, è grande protagonista nell'Endurance, nel Motoamerica, anche se non si capisce bene perchè sia stata snobbata per una partecipazione ad un campionato di buon richiamo come il mondiale SBK, dove tutte le Case con una maxi in catalogo (ad eccezione di Aprilia) sono presenti.

Ecco che viene da pensare che forse l'abbandono della MotoGP sia figlio sì di una congiuntura economica sfavorevole, ma anche di un quadro complessivo di scelte non proprio felicissime. Per un marchio che, per quello che rappresenta, ha l'obbligo di tornare coraggiosamente ad essere... Suzuki.

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