Moto Guzzi V7 Sport, il bassotto!

Derivata dal modello V7 700, all’inizio degli anni ‘70 segnò il ritorno della Moto Guzzi ai modelli sportivi

Giorgio ScialinoGiorgio Scialino

6 mag 2019 (Aggiornato alle 11:25)

Dopo oltre un decennio dal ritiro dalle competizioni, in Guzzi si decise finalmente di sviluppare un modello sportivo partendo dal motore a V realizzato qualche anno prima da Giulio Cesare Carcano. Per questo progetto il bicilindrico passò sotto le mani di Lino Tonti, affiancato da Umberto Todero, e già nel 1969 il prototipo della nuova moto era in pista e conquistava 19 record.

LE PREMESSE per un buon risultato c’erano, e l’entusiasmo pure. Nel 1971 arrivò la pre-serie: la famosa “telaio rosso”. Si trattava di 150 moto con il telaio verniciato di rosso per sottolinearne il nuovo disegno, destinate alle maggiori concessionarie, per far conoscere la moto e creare aspettativa. Nello stesso anno, a novembre, fu presentata ufficialmente al Salone di Milano, e messa in vendita già a gennaio dell’anno successivo. Se oggi la V 7 Sport è una moto ambita dai collezionisti (quelle col telaio rosso ancora di più), anche ai suoi tempi era considerata un ottimo mezzo.

AI RESPONSABILI DEL PROGETTO era stata richiesta una macchina di 750 cm³ che raggiungesse i 200 km/h e rientrasse nei 200 kg di peso, e i parametri furono (a parte il peso) rispettati. La moto, infatti, dichiarava un peso di 225 kg, ma era bassa e stabile, e il suo motore bicilindrico a V da 72 CV a 7.000 giri la spingeva fino a 206 km/h. In più la moto era robusta e affidabile. Disponeva di 5 marce con il comando sulla destra e trasmissione finale ad albero cardanico. Era alimentata da due carburatori Dell’Orto a vaschetta centrale da 30 mm, e come la sua progenitrice aveva la distribuzione ad aste e bilancieri e manteneva l’accensione a spinterogeno.

L'INTERASSE segnava 1470 mm e la luce a terra era di soli 150 mm. Disponeva di una buona forcella teleidraulica, di ammortizzatori regolabili e cerchi in alluminio da 18”. Va detto anche che, nonostante i freni a tamburo fossero già considerati obsoleti, in confronto a quelli a disco che rappresentavano la modernità, quelli da 220 mm presenti sulla V 7 Sport erano di tutto rispetto, specialmente l’anteriore a doppia camma e a 4 ganasce.

ALL'EPOCA COSTAVA 1.480.000 LIRE, ben 460.000 Lire in più della concorrente italiana più richiesta: la Laverda 750 SF. Nonostante questo costoso divario e gli oltre tre mesi di attesa per averne una, già nel 1972, nei tre anni di produzione, ne furono venduti 3.541 esemplari, più i 150 ambitissimi modelli dal telaio rosso. La V 7 Sport resterà così fino al 1974, per poi evolversi nella 750 S, dalla linea più consona ai tempi e, soprattutto, con due freni a disco all’anteriore.

Iscriviti alla newsletter

Le notizie più importanti, tutte le settimane, gratis nella tua mail

Premendo il tasto “Iscriviti ora” dichiaro di aver letto la nostra Privacy Policy e di accettare le Condizioni Generali di Utilizzo dei Siti e di Vendita.

Commenti

Loading

Honda Transalp, la più venduta sotto i 1000 cc: dal mito anni ’80 alla tecnologia di oggi

Un modello che ha fatto la storia torna a dominare le medie on-off, tra tradizione e innovazione, con numeri da protagonista assoluto

Piaggio Cosa: lo scooter che divise i vespisti

Tra innovazioni nascoste e un’anima troppo legata al passato, il modello di Pontedera degli anni ’90 rimane ancora oggi un capitolo unico della mobilità italiana