Kawasaki Samurai A1 250, la sconosciuta

Poco diffusa in Italia, la Kawasaki 250 A1 Samurai fu presto oscurata dall’arrivo delle esuberanti tricilindriche del marchio

Giorgio ScialinoGiorgio Scialino

25 giu 2019 (Aggiornato alle 10:42)

In Italia ne furono importate pochissime a partire dal 1971, ma la moto era stata progettata nel 1966 e proposta sul mercato americano l’anno seguente. In Italia arrivò solo l’ultima versione, quando il modello aveva ormai già esaurito la sua parabola.

LA MOTO mostrata in questo servizio è del 1967, appartiene alla prima serie, ed ha linee molto più arrotondate rispetto ai modelli importati da noi cinque anni dopo, ma le prestazioni del motore erano sicuramente di prim’ordine. Dotato di miscelatore automatico e di due carburatori Mikuni da 22 mm, il propulsore 2T era parco di consumi, arrivando a percorrere oltre 35 km con un litro alla velocità di 70 km/h, per scendere fino a 16 km/l con un uso esasperato.

LA POTENZA MASSIMA di questo modello era di 31 CV a 8.000 giri, disponeva di una notevole accelerazione e raggiungeva i 159 km/h reali, una velocità elevatissima per una 250 di quel periodo. Il propulsore bicilindrico era un vero gioiello: vantava un’aspirazione a doppio disco rotante e aveva i due carburatori racchiusi nei due carter laterali, mentre dietro ai cilindri in alluminio trovava spazio il generatore, sul cui albero era calettato il ruttore dello spinterogeno.

IL CAMBIO, robusto e preciso, contava su cinque rapporti, e questo contribuiva a fare della Samurai una macchina di prestigio. Il serbatoio dalla forma tondeggiante montava delle ginocchiere in gomma e mostrava sui fianchi un bellissimo e datato logo Kawasaki in rilievo. L’estetica era ulteriormente arricchita da una verniciatura a doppia tonalità. Il manubrio decisamente alto era pensato per il mercato americano, e sul canotto dello sterzo trova posto il pomello di indurimento.

SUBITO SOPRA IL FARO svettava la plancia strumenti, con tachimetro, contagiri e una serie di spie di servizio racchiusi in un unico e voluminoso strumento ovoidale. Forcella e ammortizzatori erano teleidraulici, i parafanghi erano lunghi e le marmitte lunghissime, il tutto ricoperto da una massiccia dose di cromo. Le ruote da 18” montavano cerchi in acciaio e freni a tamburo. Quello anteriore, giudicato ottimamente all’epoca, disponeva di quattro ganasce.

Il peso dichiarato era di 145 kg a secco, e faceva della Samurai un mezzo maneggevole e snello.

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